giovedì 31 marzo 2011

Tangentopoli, tre lustri dopo

Un fenomeno vecchio e sempre attuale dalle
grandi città ai piccoli centri.

Quasi venti anni ci separano da Tangentopoli. Pareva che un vento moralizzatore dovesse spazzar via le nubi che si addensavano su una "Prima Repubblica" ormai unta dal malcostume e dalla corruzione, dischiudendo nuovi e più sereni orizzonti.
Ma ad essere spazzati via furono soltanto i vecchi partiti e le vecchie ideologie che, per quasi un cinquantennio, avevano calcato le scene di una democrazia "bloccata" e incapace di rinnovamento.
L'intera classe politica si rivelò, impietosamente, in tutto il suo squallore. Molte furono le vittime e lo zelo inquisitorio di quei giorni condusse alla rovina non solo i "colpevoli", messi alla sbarra, ma anche protagonisti della scena politica che avevano peccato, di leggerezza o ingenuità o potevano, a loro volta, essere considerati vittime di un "sistema" corrotto e corruttore, ai cui meccanismi era impossibile sottrarsi.
Ci fu chi, stritolato dall'ingranaggio inquisitorio, si tolse la vita e questa rappresenta una delle pagine più brutte della storia della nostra Repubblica.
Dalla dissoluzione dei vecchi partiti tradizionali presero vita nuove formazioni politiche e nuovi personaggi entrarono prepotentemente in scena, insieme a quanti seppero abilmente riciclarsi.
La morale è sempre la stessa, da sempre, nel nostro Paese; non siamo mai stati capaci di fare una vera rivoluzione, come i nostri cugini d' "Oltralpe", e, ogni volta che arriviamo al punto di cambiare veramente le cose, ci si ripropone puntualmente la logica del "Bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla".
Un modello gattopardesco sempreverde che continua all'infinito e rivela non tanto i difetti "costituzionali" della nostra classe dirigente ma quelli dell'intero popolo italiano.
Oggi, la metà del Paese attribuisce a Berlusconi ogni nefandezza, lo addita come il responsabile di ogni calamità...è diventato una specie di sport nazionale, e ci si dimentica che l'altra metà lo ha eletto.
Questa semplice costatazione dovrebbe indurci a riflettere non solo sui limiti e sulle responsabilità della classe dirigente ma su quelli del popolo che da essa ha liberamente scelto di essere rappresentato.
Berlusconi non è un aspirante dittatore ma "Un fulgido esempio di italiche virtù". E' per questo che in molti lo amano, si identificano in lui e lo considerano un modello al quale ispirarsi.
Tangentopoli, insomma, non ha cambiato nulla, è stata soltanto un'ubriacatura dalla quale ci siamo risvegliati col mal di testa, trovandoci di fronte agli stessi  mali, per certi versi ancora più acuti.
C'è qualcosa che non funziona, non solo nella testa dei politici...ma nella testa degli Italiani.

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